La Parrocchia di Sant'Antonio Abate è tra le nove parrocchie del Vicariato di Vigonovo e fa parte della Diocesi di Padova.
Festa liturgica: 17 gennaio
 

Un po’ di storia: le origini di Paluello

 
Paluello è una piccola località, frazione del comune di Stra, nota fin dal Medioevo per la fertilità della sua terra.
 
Il riferimento a Paluello, e alla Parrocchia, appare, probabilmente per la prima volta, in un atto di donazione dei Conti longobardi Ansedise e Guidotto, figli di Rambaldo, datato 15 giugno 1117, a favore del Monastero dei SS. Ilario e Benedetto di Malcontenta. In questo documento si dichiara infatti la cessione ai monaci di ben sedici masserie, ovvero un elevatissimo numero di proprietà fondiarie nelle quali erano presenti coltivazioni e case coloniche abitate dai contadini e dalle loro famiglie. Altro cenno storico risulta da un atto del 2 luglio 1178, nel quale i canonici del Duomo di Padova segnarono i confini spettanti alla Cattedrale "…fino al punto per dove passava la via da Stra a Paluello". Infine ne parla il testamento di Speronella Dalesmanni, nel quale si lasciava "un legato" alla Chiesa di Paluello (anno 1199).

Nonostante la ricchezza di questa terra, pare che il toponimo “Paluello” derivi dal fatto che esistesse, nei tempi antichi, una piccola palude scomparsa in seguito al taglio del Brenta nel 1143, un acquitrino che comunque non ha influenzato la produttività dei campi locali. Altre ipotesi fanno risalire il nome della località a “baledellum” cioè luogo rinforzato o fortificazione, probabilmente per via di una qualche struttura di difesa presente nella zona ma di cui non è rimasta traccia storica. Sembra invece più plausibile che il nome Paluello derivi dalla parola “pagus“, che significa “piccolo villaggio” o meglio dal suo diminutivo in latino volgare “paguellus“, successivamente divenuto, nel parlare dialettale, ”Pagueo” e “Puluello” e quindi Paludello come riportato nei documenti ecclesiastici del '200 e '300.
 
Tra le vicende storiche cui fece da teatro questa piccola località, ricordiamo i violenti scontri bellici tra l’esercito di Cangrande della Scala e le truppe padovane del 1317, anno nel quale i Carraresi sconfissero gli Scaligeri che si ritirarono verso Vicenza. Paluello fu incendiata una prima volta nel 1319, proprio a seguito degli scontri tra Scaligeri e Padovani, e una seconda volta nel 1336, nella lotta tra Carraresi e Veneziani. Nel 1368 vi si rifugiò Andrea Contarini per evitare (inutilmente) l’elezione a doge, e in una sua lettera definisce la località come "…luogo di pace e di aria salubre…". Nel secolo successivo Paluello entra a far parte dei possedimenti della Serenissima e si arricchisce di numerose e prestigiose ville patrizie.
 
Nel 1537 presso la Villa Giustinian Gritti Menin, sotto la protezione di Monsignor Giovanni Della Casa (allora nunzio apostolico a Venezia), si nascose Lorenzino de' Medici detto il Lorenzaccio (1514-1548), dopo aver ucciso il cugino Alessandro, come riportato nell'incipit del libro quindicesimo della "Storia Fiorentina" di Benedetto Varchi (pubblicata nel 1721), citata tra le fonti delle opere teatrali scritte da Alfred de Musset (1834) e Carmelo Bene (1987): "...la qual morte io (perché se ne favellò, e scrisse diversamente) racconterò con maggior verità avendola udita, e da Lorenzo stesso, nella Villa di Paluello otto miglia vicina a Padova..."
 
Dal '500 il racconto storico di questo paese rivierasco si lega alle vicissitudini delle vicine Stra e Fossolovara divenendo dominio napoleonico dopo la caduta di Venezia, austriaco nel Regno Lombardo Veneto ed infine italiano dal 1866.
 
 
La Chiesa
 
La Parrocchia è abbastanza antica; il primo riferimento storico risale al 1117 come sopra descritto, mentre un altro documento, del 1192, nomina la Chiesa come dedicata fin da allora a Sant’Antonio Abate e a Santa Maria Maddalena.

La Chiesa di Paluello viene citata nel 1297, nel "Catalogo della Decima Papale", fra le chiese pertinenti alla pieve di San Bruson, che la presenta così: "S. Antonii de Vienna de Paludello, ne è Rettore il sacerdote Alberto". La denominazione di Sant’Antonio di Vienna rivela una protezione particolare che si richiedeva al Santo affinché difendesse gli uomini contro le malattie più gravi e insidiose del tempo, come la peste e la lebbra, oltre a quelle meno letali ma, allo stesso tempo, frequenti, come l’ergotismo, conosciuta nel Medioevo con il nome di "Fuoco di Sant'Antonio", fuoco sacro o male degli ardenti; non a caso i membri dell’ordine ospedaliero dei canonici regolari di Sant’Antonio di Vienne, chiamati anche cavalieri del fuoco sacro, si dedicavano alle cure di questi ammalati che cercavano grazia e conforto presso i santuari di Sant’Antonio Abate, attuale patrono della Parrocchia di Paluello. Si suppone quindi che a Paluello, con la chiesa, esistesse pure un piccolo ospedale.
 
Alcuni documenti parlano di un piccolo eremo retto dai Padri Camaldolesi in Paluello, nel quale abitò anche il Padre Bartolomeo Alberto (in religione Mauro) Cappellari, divenuto poi Papa Gregorio XVI; di tale eremo rimane solo l’Acquasantiera (primo ‘500). Il Bollettino Diocesano del 1920 (pag. 332) di essa dice: "è un bel lavoro del rinascimento, che fa pensare allo scalpello del Sansovino"; il Bollettino cita altre belle opere d’arte della chiesa: una “Madonna con Bambino”, scultura di Tullio Longobardo, due Terrecotte dei Della Robbia, una bella tela rappresentante la Deposizione e, in sacrestia, tre intagli in legno “felice imitazione di tre quadri del Rubens”. Oggi queste opere sono andate perdute, ad eccezione degli intagli lignei.
 
La chiesa di Sant’Antonio “Viennensis” fu visitata nel 1479 dal vescovo Jacopo Zeno e successivamente, il giorno 30 settembre 1489, dal vescovo Pietro Barozzi, che trovò molto elegante il suo tetto appena ricostruito; mancava però il pavimento. Ne era rettore il parroco Nicolò, figlio di Martore Triballo, investito del beneficio dal vescovo Zeno nel 1466. Altre visite vescovili seguirono nel 1572, quando il vescovo Nicolò Ormaneto vi trovò tre altari, il campanile, il cimitero e un’umile canonica, e nel 1588 quando il parroco Gentile Gentili accolse il vescovo Federico Corner.
 
La chiesa venne ricostruita nel 1579 dall’allora parroco Don Antonio Armerico, successivamente decorata nel 1680 dal Protonotario Apostolico Mons. Natale Simeonato (che eresse, nello stesso anno, anche l’attuale casa parrocchiale) e infine consacrata il 22 luglio 1742 da Mons. Antonio Nani, vescovo di Corcira (Corfù). Don Gian Maria Brusegan nel 1755 iniziò la costruzione del campanile, successivamente terminato da Don Domenico Gabbani da Vigonovo, eletto parroco dal vescovo Carlo della Torre di Rezzonico (futuro Papa Clemente XIII).
 
Nell’anno 1778, con vescovo Mons. Nicolò Giustiniani, si registrarono molte modifiche: il vecchio tabernacolo di legno fu sostituito da uno in marmo, mentre una pisside d’argento dorato prese il posto dell’esistente in bronzo con la coppa d’argento; gli altari aumentarono da tre a cinque, eretti in onore di Sant’Antonio Abate, San Gorgonio (costruito dal nobile Sebastiano Zeno), Sant’Anna, SS. Nome di Gesù, detto la Pietà, sotto al quale "…v’è una pittura del celebre Giorgione"; vennero aggiunti pure l’organo e il pulpito. Sul campanile furono installate due campane, oltre all’orologio.
 
Nel 1813 fu collocato l'altare maggiore. Don Luigi Bisortole, che fu parroco per 50 anni, dal 1835 al 1885, rimise la cupola attuale al campanile poiché la precedente, elegante e coperta in piombo, era andata perduta. Nel 1845 (come riporta la targa visibile all’esterno) furono rifatti la facciata (con statue della Vergine, di due Santi e due putti, opera della bottega del Morlaiter), e i finestroni. Don Carlo Lievore da Zanè, suo successore, anch’egli parroco per un lungo periodo, 40 anni, dal 1885 al 1925, curò l’abbellimento della chiesa e fece il nuovo pavimento nel 1907. Don Giovanni Meneghini portò in parrocchia l’Azione Cattolica, decorò la chiesa nel 1926 con i fratelli Giacomello e, nel 1927 iniziò il primo asilo.
 
Dal 1935 la Parrocchia fu retta dal Rev. Don Gino Bizzotto, che, dotato di fine gusto artistico, trasformò la Chiesa di Paluello così "…da renderla la più bella del Vicariato". Dopo aver restaurato la canonica e riparato il campanile, prolungò la chiesa di un’arcata, rese le 5 arcate tutte uguali, fece ex novo un largo e comodo Presbiterio e Coro, rimodernò l’altare maggiore ed il Tabernacolo, e vi collocò due belle statue di marmo, raffiguranti Sant’Antonio Abate e Sant’Antonio da Padova, avute da Este. Il 16 dicembre 1939 il vescovo Carlo Agostini inaugurò questa prima serie di importanti lavori che, come dice una lapide visibile nella chiesa, furono eseguiti su disegno e sotto la direzione del parroco.
 
Nel 1942, in occasione del secondo centenario della consacrazione della chiesa, furono inaugurati altri lavori di abbellimento: balaustra, organo, Via Crucis e altoparlanti, nel 1944 venne dedicato un altare a S. Antonio da Padova con le decorazioni del pittore napoletano Amerigo Antoniucci, che dipinse anche il Battistero. Nel 1947 il vescovo Agostini, inaugurando gli ultimi lavori (prosecuzione della pavimentazione marmorea, il nuovo altare con pala dedicato a Sant’Igino Papa, eretto dal parroco in onore al suo patrono l’11 gennaio 1946, e i nuovi marmi del coro), disse meravigliato: "La vostra chiesa è proprio bella per finezza di arte e ricchezza di marmi!".
 
Fra gli altari laterali spicca, primo a sinistra, quello dedicato a San Gorgonio, eretto il 13 ottobre 1813 da Giovanbattista Medini e dal parroco Don Francesco Ferrari; la pala, che risale al ‘600, raffigura il Santo accanto a San Luigi Gonzaga, San Giuseppe, San Rocco e Sant’Antonio da Padova. La presunta reliquia del teschio di San Gorgonio, conservata nella sacrestia, deriva da un oratorio dedicato al Santo, eretto nel 1679 e in seguito andato distrutto, e fu regalata dall’abate Andrea Venerio. Gli altri altari laterali presentano, a sinistra, la gia citata pala di Sant'Igino, le statue della Madonna del Rosario con Bambino e del Sacro Cuore di Gesù, mentre a destra il Battistero con una pala del 2001 raffigurante il "Battesimo di Gesù" e statue di di Sant'Antonio da Padova e San Giuseppe.
  
Il grande Ovale dell’Assunta sul soffitto è di Jacopo Guarana (un’iscrizione in basso reca il nome del committente, il veneto Bernardo Scotti e la data di esecuzione: 1722). Nel catino absidale si può vedere una tela col "Cristo Risorto" dell' 800 e il recente affresco “La Madonna appare ai pastorelli di Fatima" (anni '40/'50).
 
Alla fine degli anni '90 il campanile e la facciata della chiesa sono stati oggetto di nuovi restauri.
 
Sul territorio parrocchiale sono inoltre presenti alcuni caratteristici capitelli votivi, dedicati a Sant'Antonio da Padova e alla Madonna Pellegrina.
 
Preme sottolineare un fatto storico di grande importanza per tutta la comunità di Paluello: durante la Seconda Guerra Mondiale alcune truppe tedesche prelevarono le due campane dalla loro sede, nell’attuale campanile, probabilmente con lo scopo di fonderle per recuperare materiale ferroso ad uso bellico; poco tempo dopo alcuni fedeli della Parrocchia riuscirono a recuperare ed a riportare a Paluello le due campane che furono nascoste e ricollocate successivamente nella loro sede originaria al termine del conflitto mondiale.

Fonte: Archivio parrocchiale.
 
 
Le Ville
 
Sul territorio di Paluello sono presenti anche alcune tipiche "ville venete", elencate nell' Atlante dell'Istituto Regionale Ville Venete.
 
Provenendo da Est, lungo la via Dolo incontriamo la citata Villa Giustinian Gritti Menin, tardo quattrocentesca, con barchesse adiacenti edificate dal tardo '600 ai primi dell' 800, proprietà fra gli altri di Andrea Gritti, doge di Venezia dal 1523 al 1538. Presenta una trifora e un balcone dell'epoca e resti di affreschi di scuola veneto-friulana raffiguranti sulla facciata scene di cavalieri, nel salone interno grottesche e nel loggiato angolare paesaggi e un "San Girolamo penitente". Più avanti la Villa Emo Bembo Marini, del '500, con due splendide trifore in pietra di Vicenza e adiacente barchessa con colonne tuscaniche, soggetta di recente ad un profondo restauro e, in via Redipuglia, la Casa Rurale Fattore, dell '800, con un' ampia stalla dell'epoca.
 
Nel centro del paese troviamo il settecentesco Palazzetto Tosoni e a fianco, pure settecentesca, la Villa Marin Fattore, con statue collocate sui pilastri dei cancelli d’ingresso e annesso oratorio.
 
In via Barbariga sorgono la costruzione cinquecentesca dell'ex Lazzaretto (Villa Torniello Pianon) e la settecentesca Villa Carpi Jager Granata Pizzo Moreno Zuin, un tempo probabile dimora dei ricchissimi mercanti tedeschi Jager.
 
 
 

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